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Cresce lo smart working: limita rischi contagio ed è amico del pianeta

lavoro da casa – L’emergenza Coronavirus ha forzato il ricorso allo smart working, consentendo a molte persone di lavorare da casa, azzerando le distanze e i forti rischi di contagio.
Il lavoro da remoto è un’opportunità interessante in tempi di Coronavirus ma in realtà offre benefici importanti a fronte di un uso costante in ogni periodo, come si evince anche dai dati che emergono dallo studio messo a punto dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.

Quali benefici e criticità offre lo smart working

Lo smart working è sinonimo di produttività, limita lo stress ed è amico dell’ambiente, perché riduce l’impatto sul pianeta.
Come si legge nello studio del Politecnico di Milano i principali benefici riscontrati dall’adozione dello smart working sono il miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%) e la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%).

La gestione degli smart worker presenta secondo i manager anche alcune criticità, in particolare le difficoltà nel gestire le urgenze (per il 34% dei responsabili), nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le attività (26%), anche se il 46% dei manager dichiara di non aver riscontrato alcuna criticità.
Se si interrogano gli smart worker, invece, la prima difficoltà a emergere è la percezione di isolamento (35%), poi le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).

Smart working produce un minor impatto sull’ambiente

Lo studio del Politecnico di Milano sottolinea che per andare al lavoro, utilizzando mezzi pubblici o privati, si percorrono in media 40 km al giorno.

A conti fatti anche un solo giorno di smart working a settimana consente di ridurre le emissioni di anidride carbonica per persona, considerando che si può ottenere un risparmio pari a 135 kg di CO2 l’anno, un aiuto davvero concreto per l’ambiente.

I benefici economico-sociali

Adottando quello che lo studio del Politecnico di Milano definisce un modello “maturo” di smart working le imprese sono in grado di produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi.

Lo smart working in Italia

Lo smart working considera un ampio utilizzo delle tecnologie di ultima generazione, e purtroppo non tutti dispongono di una buona connessione e di strumenti evoluti, anche in termini di sicurezza per evitare spiacevoli intrusioni e furti di dati sensibili.
Dotarsi degli strumenti adeguati è fondamentale per poter operare agevolmente e in totale sicurezza.

In Italia nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato progetti di smart working è pari al 58%. Numeri ai quali è necessario aggiungere un 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo a breve. Del restante 30%, il 22% dichiara probabile l’introduzione futura e soltanto l’8% non sa se lo introdurrà o non manifesta alcun interesse.

In fatto di percentuali e numeri lo studio del Politecnico di Milano mette in luce che è addirittura il 76% degli smart worker a dichiarasi soddisfatto del proprio lavoro, contro il 55% degli altri dipendenti. Uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera, rispetto al 21% di chi lavora in modalità tradizionale.

Ad oggi i progetti di smart working sono in aumento, quale conseguenza logica dei rischi da contagio. Un aumento che coinvolge anche il settore pubblico dove il lavoro in remoto nel 2019 coinvolgeva soltanto il 12% dei dipendenti.

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