. Ape a salvaguardia biodiversità: complice nel ripristino di aree degradate

L’ape a salvaguardia della biodiversità: un aiuto per le aree degradate

biodiversità – Le api garanti dell’ambiente e della biodiversità.
Grazie a tre anni di ricerche, visite sul campo, studi e analisi per studiare il fondamentale ruolo delle api è ora possibile dimostrare che l‘ape domestica è un’alleata nel ripristino della vegetazione delle aree degradate.

I risultati arrivano dalla sperimentazione condotta dal DipSa (Dipartimento di Scienze Agrarie) dell’Università di Bologna, dal Disafa (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari) dell’Università di Torino e dall’Inat (Istituto Nazionale Agronomico della Tunisia), e si è inserita all’interno del progetto di cooperazione ‘Mediterranean CooBeeration‘, volto a sostenere l’apicoltura e il suo ruolo strategico per la salvaguardia della biodiversità, per il miglioramento della sicurezza alimentare e per lo sviluppo socio-economico.

Il ruolo delle api nelle fasi di ripristino della biodiversità nelle aree degradate

In particolare i ricercatori si sono concentrati sul ruolo delle api nelle fasi di ripristino della biodifiorituraversità nelle aree degradate, come quelle soggette a desertificazione per fenomeni di erosione e siccità o a causa di eventi franosi o di incendi.

“Ma perché concentrarsi sulle api mellifiche? Innanzitutto perché sistono pochi dati a riguardo – spiegano i ricercatori -. Inoltre, le api domestiche, fra le tante qualità che hanno,  possiedono due caratteristiche estremamente utili per il successo riproduttivo delle piante, in particolare nelle aree degradate: sono costanti nel visitare i fiori della stessa specie durante tutta l’attività giornaliera, e sono instancabili visto che il numero di visite che effettuano ogni giorno sui fiori ammonta a circa 10 milioni!”.

Il ruolo di Felcos Umbria  e  Apimed

Promosso da Felcos Umbria (Fondo di Enti Locali per la Cooperazione decentrata e lo Sviluppo umano sostenibile) e Apimed (Federazione Apicoltori del Mediterraneo) e finanziato dall’Unione Europea, lo studio per quel che concerne la parte italiana, si è svolto fra il 2015 e il 2016 in Liguria, in una zona soggetta a incendi.

Sono state scelte due aree di 400 m2 ciascuna, distanti tra loro qualche chilometro – una con la presenza di alveari, e quindi ben ‘servita’ dalle api, e l’altra senza alveari – sono state delimitate cinque parcelle sperimentali in cui condurre ogni 15 giorni rilievi sulla vegetacotone bio ambientezione e sugli insetti impollinatori, rivolti soprattutto all’ape.

L’incidenza dell’azione dell’ape si è manifestata nel numero di semi prodotti dalle piante mediterranee prese come modello, che è risultato più alto nell’area sperimentale vicina agli alveari, in particolare per Erica arbora, rispetto all’area senza alveari. La cospicua produzione di semi correlata con la presenza di Apis mellifera e il potenziale di diffusione dei semi stessi, si può considerare un sicuro indice dell’incremento della biodiversità in zone degradate.

Il progetto Mediterranean CooBeeration

Partito nel febbraio del 2014, in questi tre anni di attività il progetto Mediterranean CooBeeration ha coinvolto numerosi Paesi del Mediterraneo, in particolare Libano, Territori palestinesi, Marocco, Algeria, Tunisia e Italia.

L’ape contribuisce all’impollinazione delle piante superiori a fiore, coltivate (circa 150-200 specie in tutto il mondo) e selvatiche (oltre 350mila), nella misura del 75-80%. Salvaguardare e ripristinare la copertura vegetale del territorio è un’esigenza essenziale in tutto il mondo, soprattutto nelle regioni con ambienti molto deteriorati, per scongiurare o limitare calamità naturali come alluvioni e frane, l’erosione e la desertificazione.

11 aprile 2017

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