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Lo spreco idrico si nasconde nel piatto

sostenibilità Lo spreco idrico? E’ nascosto nel piatto. Attraverso gli alimenti, importati e non, l’impronta idrica in Italia si attesta sui 132 miliardi di mc di acqua l’anno, oltre 6mila litri pro capite al giorno.

Lo rileva uno studio del Wwf lanciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo che mostra quanta acqua è nascosta nel cibo prodotto in Italia o importato, in una fettina di carne, nella pasta o nella frutta esotica.

Il rapporto WWF “L’impronta idrica dell’Italia”, realizzato  da Marta Antonelli e Francesca Greco del King’s College London,  si inserisce all’interno della roadmap WWF di avvicinamento ad EXPO Milano 2015,  che vedrà l’associazione impegnata – in qualità di “Civil Society Participant”- in una serie di iniziative per portare il tema dell’alimentazione sostenibile all’attenzione di istituzioni, imprese e cittadini coinvolti nell’evento, nell’ambito del programma WWF One planet food. Il report  distingue due componenti: l’impronta idrica della produzione e quella del consumo

L’acqua utilizzata nella produzione
L’impronta idrica della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di m3 di acqua l’anno. L’agricoltura è il settore economico più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). Il restante 15% dell’impronta idrica della produzione è suddiviso tra produzione industriale (8%) e uso domestico (7%). Un apposito percorso di sostenibilità legato proprio alla riduzione dei consumi idrici è quello intrapreso, assieme al WWF, da Mutti, azienda impegnata nella produzione di pomodori.

L’acqua che consumiamo
L’impronta idrica dei consumi in Italia è di circa 132 miliardi di m3 di acqua l’anno (oltre 6mila litri pro capite al giorno) e comprende anche l’acqua nei beni importati. Da solo, il consumo di cibo (che include sia prodotti agricoli sia di origine animale) contribuisce all’89% dell’impronta idrica totale giornaliera degli italiani. Il consumo di acqua per usi domestici (per pulire, cucinare, bere, etc.) è solo il 4 % dell’acqua che consumiamo ogni giorno, mentre l’acqua “incorporata” nei prodotti industriali rappresenta il 7%. I prodotti di origine animale (compresi latte, uova, carne e grassi animali) rappresentano quasi il 50% dell’impronta idrica totale dei consumi in Iacquatalia.
Il consumo di carne, da solo, contribuisce a un terzo dell’impronta idrica totale. La seconda componente principale dell’impronta idrica è generata dal consumo di oli vegetali (11%), cereali (10%) e latte (10%).

In Europa, l’Italia è tra i Paesi con la maggiore impronta idrica, essendo del 25% più alta della media dell’Unione europea, che ammonta a 1.836 mc pro capite l’anno, ed essendo più alta anche rispetto alla maggior parte dei Paesi vicini, come Francia e Germania. A livello globale, l’impronta idrica dell’Italia è il 66% più alta della media mondiale, che ammonta a 1.385 mc pro capite l’anno.

L’impronta idrica dei consumi nazionali può essere ulteriormente distinta tra impronta idrica interna ed esterna. L’impronta idrica esterna è un indicatore di quanto l’Italia si affidi alle risorse idriche esterne per soddisfare la propria domanda di prodotti alimentari e industriali. Circa il 60% dell’acqua virtuale contenuta nei prodotti agricoli consumati in italia è importato. Dall’analisi emerge come l’Italia si basi in misura considerevole sulle risorse idriche esterne per soddisfare le esigenze della propria popolazione.

L’Italia si classifica come il terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo (circa 62 miliardi di mc l’anno), dopo Giappone e Messico e subito prima di Germania e Regno Unito. Questo quantitativo di acqua virtuale è equivalente a quasi una volta e mezzo il deflusso annuale del Po.

21 marzo 2014

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