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Quanta plastica nei grandi fiumi italiani?

plastica e ambiente – Prende il via il primo esperimento pilota nel Mediterraneo per valutare la portata di  microplastiche  da parte dei grandi fiumi. Le foci del Tevere e dell’Arno saranno analizzate per quantificare la presenza di micro particelle di plastica, derivate principalmente dal disfacimento di rifiuti plastici più grandi e responsabili di danni all’ecosistema e alla salute della fauna marina.

Protagonisti dello studio sono i “Plastic Busters”, i ricercatori dell’Università di Siena che stanno dando vita ad un ampio piano di mappatura delle plastiche nel mar Mediterraneo, nell’ambito di “Med Solution” e della rete ONU sullo sviluppo sostenibile “Sustainable Development Solutions Network”, ancora una volta in collaborazione con la Marina Militare. Dopo le spedizioni sulla nave scuola Vespucci, e sulle Navi Idro-oceanografiche Magnaghi e Galatea, che si sono svolte lo scorso anno, la Marina Militare ha messo a disposizione, nell’ambito del consolidato programma di collaborazione con Enti ed Istituti di ricerca nazionali, il catamarano idro-oceanografico “Aretusa”, che il 23 luglio sarà alla foce del Tevere e il 25 luglio alla foce dell’Arno.

Per entrambi i fiumi saranno effettuati quattro campionamenti a 20 km, a 10 km, a 5 km, e a cinquecento metri dalla foce del fiume, raccogliendo e analizzando i sedimenti e lo zooplancton. I sedimenti saranno campionati utilizzando delle benne nelle 4 stazioni selezionate, e sarà eseguito anche un carotaggio in una delle stazioni; mentre i campioni di zooplancton e microplastiche superficiali verranno ricavati con un retino galleggiante detto «retino manta».

E’ dalla terra che proviene la gran parte dei rifiuti che finiscono in mare, e i fiumi trasportano grandi quantità di inquinanti raccogliendo scarichi urbani e industriali. Lo studio dell’Università di Siena permetterà di analizzare la presenza, la distribuzione e l’abbondanza delle micro particelle di plastica e degli  inquinanti che vengono trasportate dai fiumi, per quantificare la provenienza dei rifiuti da terra. Si tratta di un tassello importante del progetto “Plastic Busters”, che mira a mappare la presenza di microplastiche nel Mediterraneo e a valutare gli effetti sugli animali marini dell’inquinamento da plastica, per pianificare fin da subito, a livello internazionale, azioni di mitigazione per riduzione del fenomeno.

“Plastic Busters” è un progetto di un gruppo di ricerca dell’Ateneo senese, coordinato dalla professoressa Maria Cristina Fossi, che da anni studia la fauna marina per valutare l’impatto degli inquinanti derivati dalla plastica.

L’ultimo studio appena pubblicato ha rilevato alte concentrazioni di flalati negli squali e nelle balenottere del Mediterraneo, mentre era già stato pubblicata una ricerca sulla stima delle microplastiche in aree di foraggiamento della balenottera comune nel Mar Ligure, per valutare l’esposizione di questa specie al rischio di ingestione di microplastiche.
I ricercatori stanno delineando un quadro completo dell’impatto delle microplastiche sui cetacei che abitano il Mare Nostrum, e valutando gli effetti sulla salute di questi contaminanti, definiti  “distruttori endocrini” perché  interferiscono con il sistema riproduttivo degli animali.

22 luglio 2014

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