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Eternit: Cassazione annulla la sentenza

disastro ambientaleCasale Monferrato proclama il lutto cittadino ed è solo una delle tante espressioni di indignazione che piovono da ogni fronte.
Il maxiprocesso Eternit viene annullato senza rinvio.  Lo ha deciso la I sezione penale della Cassazione dopo appena due ore di Camera di consiglio, cancellando la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 3 giugno 2013, che aveva condannato a 18 anni per disastro ambientale doloso l’unico imputato rimasto nel processo, il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny.

La sentenza della Corte di Cassazione ha annullato ieri sera le condanne contro i responsabili della strage causata dall’amianto a Casale Monferrato, giudicando prescritto il reato di disastro ambientale.

I parenti delle vittime si sono stretti in un solo coro “vergogna, vergogna”, la decisione li ha travolti cancellando anche il diritto a tutti i risarcimenti. Le provvisionali disposte dalla Corte d’Appello di Torino sfioravano i 90 milioni di euro.

Il destino del ‘processo del secolo’ relativo alla vicenda Eternit era stato chiaro già dal primo pomeriggio quando il sostituto procuratore generale della Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello, aveva indicato l’ipotesi di un un annullamento senza rinvio della condanna inflitta all’unico imputato rimasto perché il reato di disastro ambientale doloso si è prescritto. Iacoviello aveva sollecitato ai giudici della prima sezione penale l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’Appello di Torino che il 3 giugno 2013 aveva inflitto 18 anni di reclusione al miliardario svizzero Stephan Schmidheiny.

La richiesta della pubblica accusa di Piazza Cavour era stata accolta con grande amarezza dai familiari delle vittime. Qualcuno si era lanciato andare ad un applauso di dissenso. Eppure Iacoviello nella sua requisitoria, aveva detto chiaramente: “per me l’imputato è responsabile dEternit - processo2i tutte le condotte che gli sono state ascritte”. Il problema è, ha detto Iacoviello, “che il giudice tra diritto e giustizia deve sempre scegliere il diritto”. Certo, ha detto Iacoviello nella requisitoria, “la prescrizione non risponde a esigenze di giustizia ma ci sono momenti in cui diritto e giustizia vanno da parti opposte”.

I fatti legati alla vicenda Eternit delle migliaia di morti per il tumore provocato dall’inalazione di polveri d’amianto nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale elvetico-belga e tra i cittadini di Casale Monferrato, Cavagnolo, nel torinese, Rubiera (reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) risalgono al giugno 1966. Secondo la pubblica accusa di Piazza Cavour, in buona sostanza, le morti provocate dalla fibre di amianto non rientrerebbero nel concetto di disastro. L’unico imputato nel processo è stato appunto condannato in secondo grado per disastro ambientale doloso.

Nella sua requisitoria il Pg aveva più volte parlato della questione come di un “disastro silente, nascosto che affiora a distanza di decenni”. Inoltre aveva evidenziato le discrepanze tra la sentenza di primo e di secondo grado.

“La nostra solidarietà va ai familiari delle migliaia di vittime provocate dall’inalazione della fibra prodotta negli stabilimenti dell’Eternit e all’intera cittadinanza offesa da questa pronunciazione – sottolinea la Federazione Italiana Media Ambientali -. Di fronte a questo episodio diventa ancora più importante il ruolo dell’informazione, perché rimangano accesi i riflettori sul dolore delle comunità locali e sul prosieguo di una vicenda giudiziaria che non si può certo concludere con un nulla di fatto.

FIMA si mobilita per garantire trasparenza e continuità nella diffusione di questi temi anche al fine di sollecitare la pronta approvazione dell’ingresso dei reati ambientali nel codice penale”.

20 novembre 2014

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