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L’economia verde impegna 2 milioni 998 mila green jobs

green economy – Non è errato considerarla un antidoto alla crisi.
Con un bagaglio di efficienza, qualità e bellezza, coesione sociale e legami territoriali la green economy sta alimentando il fatturato di molte imprese italiane, ma è anche un’arma in più per contrastare i mutamenti climatici.

A confermarlo sono i numeri contenuti nel rapporto GreenItaly 2018 realizzato da Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e Novamont, con il patrocinio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

La green economy in Italia

Il rapporto pesa e misura la portata della green economy nazionale, mettendo in primo piano oltre 200 best practice e conteggiando le 345.000 imprese che hanno investito nel periodo 2014-2017, o prevedono di farlo entro la fine del 2018.

Osservando da vicino le aziende che hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2, emerge che si tratta del 24,9% dell’intera imprenditoria extra-agricola e del 30,7% del manifatturiero.

Alla green economy si devono 2.988.000 green jobs

Alla green economy made in Italy si devono già 2 milioni 998 mila green jobs, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’, che corrispondono al 13% dell’occupazione complessiva nazionale.

Un valore che da previsioni è destinato a salire ancora.
Sulla base delle indagini Unioncamere si prevede una domanda di green jobs pari a quasi 474.000 contratti attivati, il 10,4% del totale delle richieste per l’anno in corso, che si tratti di ingegneri energetici o agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici o installatori di impianti termici a basso impatto, con punte che sfiorano il 15% nel manifatturiero.

Focalizzando l’attenzione sui soli dipendenti e scendendo nel dettaglio delle aree aziendali, notiamo come in quella della progettazione e della ricerca e sviluppo il 63,5% dei nuovi contratti previsti per il 2018 siano green, a dimostrazione del legame sempre più stretto tra green economy e innovazione aziendale.

Le dichiarazioni di Realacci e Sangalli

“In Italia – spiega Ermete Realacci, presidente di Symbola, Fondazione per le qualità italiane – questo cammino verso il futuro incrocia strade che arrivano dal passato e che ci parlano di una spinta alla qualità, all’efficienza, all’innovazione, alla bellezza.
Per il Paese, che nella green economy e nell’economia circolare ha riscoperto antiche vocazioni (quella al riciclo e all’uso efficiente delle risorse) e ha trovato un modello produttivo che grazie all’innovazione, alla ricerca, alla tecnologia ne rafforza l’identità, le tradizioni, ne enfatizza i punti di forza. Un modello produttivo e sociale che offre al Paese la possibilità di avere un rilevante ruolo internazionale: già oggi l’Italia è una superpotenza nell’economia circolare”.

“Fa piacere, anno dopo anno, constatare la forza ed i primati di questa Italia ‘verde’, svelarne il dinamismo imprenditoriale, scoprirne le capacità sui mercati e l’attitudine a creare lavoro di qualità”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli. “Oggi un quarto delle nostre imprese parla il linguaggio della green economy, che significa rispetto per l’ambiente, tutela del territorio e delle sue risorse”.

Leadership europea nelle performance ambientali

La leadership europea considera performance in aree quali:
Materie prime. Eurostat ci dice che l’Italia con 307 tonnellate di materia prima per ogni milione di euro prodotto dalle imprese è molto più efficiente della media Ue (455 tonnellate), collocandosi terza nella graduatoria a ventotto paesi, dietro solamente al Regno Unito (236 t) e al Lussemburgo (283 t), e davanti a Francia (326 t), Spagna (360 t) e Germania (408 t).
– Energia. Siamo secondi tra i big player europei, dietro al solo Regno Unito, per consumi energetici per unità di prodotto. Dalle 17,3 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro del 2008 siamo passati a 14,2; la Gran Bretagna (un’economia in cui finanza e servizi giocano un ruolo molto importante) ne consuma 10,6; la Francia 14,9; la Spagna 15,7; la Germania 17,0.
– Emissioni. Italia da primato anche nella riduzione delle emissioni in atmosfera: terzi tra le cinque grandi economie comunitarie (104,2 tonnellate CO2 per milione di euro prodotto): dietro alla Francia (85,5 t, in questo caso favorita dal nucleare) e al Regno Unito (93,4 t; pesa, come nel caso dell’energia, il ruolo della finanza) ma davanti a Spagna e Germania.
– Rifiuti. Con 43,2 tonnellate per ogni milione di euro prodotto (1,7 t in meno del 2008) siamo i più efficienti nella riduzione dei rifiuti tra le cinque grandi economie europee, di nuovo molto meglio della Germania (67,6 t per milione di euro prodotto) e della media comunitaria (89,3 t).
– Economia circolare. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata il nostro Paese genera (a parità di potere d’acquisto) 4 € di Pil, contro una media europea di 2,2 e valori tra 2,3 e 3,6 di tutte le altri grandi economie continentali, come stima l’Istituto di ricerche Ambiente Italia.

Siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti (urbani, industriali etc., inclusi quelli minerari): con il 79% di rifiuti avviati a riciclo l’Italia presenta un’incidenza più che doppia rispetto alla media europea (38%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei: la Francia è al 55%, il Regno Unito al 49%, la Germania al 43%.

Siamo il primo Paese in Europa per fatturato pro-capite nel settore dello sviluppo dei prodotti basati su processi biologici (come le bioplastiche).
Siamo, insieme alla Germania, il Paese leader europeo in termini di quantità di materie seconde riciclate nell’industria manifatturiera.

Geografia degli eco-investimenti

Molte le imprese green nelle Regioni del Nord, ma la loro presenza è diffusa in tutto il territorio nazionale.

La Lombardia è la Regione con il più alto numero di imprese eco-investitrici: ne conta 61.650, seguono il Veneto con 34.797 unità, il Lazio con 32.545 imprese green, l’Emilia-Romagna a quota 28.270 e la Campania con 26.176. Quindi troviamo il Piemonte con 25.272, la Toscana (23.163),, la Sicilia (21.954), la Puglia (20.355) e la Calabria (9.818).

A livello provinciale, in termini assoluti, Roma (25.082) e Milano (21.547) guidano la graduatoria delle imprese che investono in tecnologie green, staccando nettamente le altre province italiane. In terza, quarta e quinta posizione, con oltre 9.000 imprese eco-investitrici si collocano Torino, Napoli e Bari.

Dove sono più richiesti i green jobs

La prima Regione per numerosità assoluta di contratti relativi a green jobs la cui attivazione è prevista per il 2018 è la Lombardia, dove se ne contano 123.380, pari a poco più di un quarto del totale nazionale (26,1%); seguita a distanza dall’Emilia Romagna con 45.562 richieste di green jobs (9,6%), dal Lazio, con 45.480 attivazioni (9,6% del totale nazionale), quindi da Veneto a quota 42.654 (9%) e Piemonte con 38.869 (8,2%). Troviamo poi la Campania (29.467, 6,2%), la Toscana (23.637, 5% del totale nazionale), la Puglia (20.912, 4,4%), la Sicilia (19.994, 4,2%) e il Friuli Venezia Giulia (11.546, 2,4%).
Avvicinandoci ancor di più ai territori, le prime province per numerosità assoluta di attivazioni programmate di contratti relativi a green jobs sono quelle costituite dalle grandi realtà di Milano, con 63.242 nuove posizioni, e Roma, con 37.570. In terza posizione c’è Torino, dove la domanda di green jobs è di 23.478 unità, quarta Napoli con 16.761 attivazioni, quinta Brescia con 14.977.

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